TORNEREMO A VIAGGIARE IN LIBERTA’ E ALLORA “ATTENTI ALLA SINDROME DA CLASSE ECONOMICA”
La sindrome da classe economica è una malattia che può colpire, al termine di viaggi aerei molto lunghi, coloro che viaggiano in classe economica.
Suona strano parlare di questo argomento in questo momento storico, così destabilizzante, dove quasi tutti con fatica riusciamo a pensare di programmare un viaggio, con l’incertezza che incombe ogni giorno se mai poi questo viaggio, tanto sognato, si riuscirà a farlo.
Non è certamente un argomento nuovo, ma scriverò questo articolo con l’auspicio che presto tutto torni nella normalità, che possiamo riprenderci la libertà di tornare a viaggiare in compagnia, con la famiglia, o anche da soli. E quando accadrà magari quello che scrivo vi potrà essere utile, perché no?
Ma esiste davvero questa sindrome?
Ma certo che esiste.
La cosiddetta sindrome della classe economica divenne di attualità quando una giovane britannica morì all’aeroporto di Londra al suo arrivo dopo un lungo viaggio dall’Australia. Era l’11 ottobre del 2001. E’ sicuramente la più giovane vittima di quella che i media di tutto il mondo hanno chiamato l’economy class syndrome, sindrome da classe economica.
Sindrome, non vuol dire malattia, ma insieme di sintomi provocati da cause diverse.
I lunghi viaggi in sedili stretti possono causare, oltre a problemi di circolazione, dolori, peggioramento dei fenomeni artrosici, claustrofobia, eventi che incidono negativamente sul benessere psico fisico dei passeggeri. Da qui il termine “sindrome della classe economica” per indicare tutti questi disturbi.
La patologia più grave è la embolia polmonare provocata da trombosi venosa profonda (TVP) agli arti inferiori.
Il viaggio lungo in aereo in posizione sacrificata e il rallentamento della circolazione del sangue nelle gambe, facilita la formazione di un trombo nelle vene delle gambe che,se si stacca, diventa un embolo o più frammenti di emboli che viaggiano nelle vene fino ai polmoni, con conseguenze anche drammatiche.
Si deve sospettare una trombosi venosa quando durante o dopo un lungo volo aereo una gamba si gonfia, compare dolore intenso, un rossore diffuso o un cordone duro, dolente e arrossato lungo il decorso di una vena.
Mentre si deve sospettare di una embolia polmonare quando si avverte un dolore intenso al fianco o al dorso e si fa fatica a respirare.
L’unica diagnosi certa si può fare con l’ecodoppler per la trombosi, la tac spirale o con la scintigrafia , per l’embolia polmonare.
Se dopo un lungo volo compaiono alcuni o tutti di questi sintomi ci si deve rivolgere a un pronto soccorso, che valuterà la probabilità, farà la diagnosi e procederà alla terapia adeguata.
Quando tutto tornerà nella “normalità”, è molto probabile che ci sarà un ulteriore aumento delle compagnie aree low cost, dove oltre al costo del biglietto è probabile che si riduca anche lo spazio sugli aerei.
E meno spazio vuol dire viaggiare scomodi, ma anche rischi per la salute.
Come si riduce il rischio?
Prima di tutto informandosi.
Un articolo del Journal of General Internal Medecine del 2005 ha cercato di fare il punto di quello che sappiamo. E i risultati sono:
-chi fa un volo aereo di durata superiore a 6 ore ha un rischio maggiore di andare incontro ad una trombosi venosa profonda degli arti inferiori;
–chi ha una predisposizione genetica (trombofilia familiare), chi ha già avuto in passato una TVP, ha un rischio più alto;
-la trombosi venosa si può verificare a distanza di ore o giorni dopo il volo, può non manifestarsi affatto e dare segno di sé solo quando provoca una embolia polmonare;
-in molti casi la TVP non dà sintomi e si risolve spontaneamente;
–le calze elastiche sono utili nel prevenire la trombosi venosa profonda;
-l’aspirina non aiuta a prevenire un trombosi venosa o un’embolia polmonare;
–l’unico farmaco in grado di prevenire la TVP è l’eparina;
A questa lista di raccomandazioni si può aggiungere altri soggetti a rischio come chi utilizza terapie ormonali, l’età (dopo i 40 anni), l’obesità, il fumo, la gravidanza e chi soffre di insufficienza venosa superficiale grave (malattia varicosa).
Riguardo le calze elastiche in genere si consiglia una compressione terapeutica (prima classe di compressione 20-30 mmhg) che riesce a contenere molto la comparsa di edema da immobilità, ma anche le calze anti-trombo (18 mmhg) posso andare bene.
L’utilizzo di farmaci come il mesoglicano o il glicosaminoglicano sulodexide che hanno una azione simile all’eparina, anche se più blanda, se assunti qualche giorno prima del volo e a seguire 5-6 giorni dopo il volo, possono essere una buona alternativa all’eparina.
Il mesoglicano appartiene alla classe di medicinali detti “antitrombotici” impiegati nella prevenzione e nel trattamento dei coaguli di sangue (trombi) che possono formarsi all’interno dei vasi sanguigni.
Il sulodexide è un glicosaminoglicano dalle capacità antitrombotiche sia a livello arterioso he venoso.
A prescindere dal rischio di ciascuno, tutti coloro che affrontano un lungo viaggio aereo dovrebbero comunque sempre osservare semplici norme: bere molta acqua, ogni tanto contrarre ritmicamente i muscoli delle gambe e flettere/estendere i piedi, non eccedere con l’alcol, non indossare abiti molto stretti, evitare gli stivali, ogni tanto fare una breve passeggiata lungo il corridoio dell’aereo.
Buon viaggio a tutti.
Take care!